Quando sento parlare di “progetto” inizio a essere diffidente. Parola che troppe volte a Firenze, nella pallacanestro, ha significato riaccendere speranze spente poi sin troppo repentinamente. Magari dopo aver accarezzato un qualcosa rimasto a metà perché il “progetto” alla fine non aveva un vero e proprio bersaglio finale. Sì, certo la meta è sempre riportare il basket di vertice in città. Ok, ma alla fine “Ma dove vai se un progetto non ce l’hai?”.
No, dai non stiamo dando i numeri. Solo cercando di far capire che prima dei ‘progetti’ servono le idee a lungo termine. Quelle che devono essere le linee guida di una società da seguire anche nel caso che non tutto vada secondo il ‘progetto’ altrimenti la fiamma che anima la passione di quei pochi che ancora ci credono rischia davvero di finire per sempre.
La prossima riforma dei campionati pare tendere una mano importante e l’occasione che la storia ci mette di fronte rischia di non ripresentarsi tanto facilmente. Come detto, servono le idee e quella di realizzare un “Palazzetto” di medio cabotaggio è la prima che sento dopo tanto tempo. Una delle poche che può davvero fare la differenza al di là della categoria di appartenenza, degli allenatori e dei giocatori. Perché se non hai una struttura solida sotto i piedi nella pallacanestro moderna si rischia solo di fare una salto nel vuoto e sprecare energie e risorse (tante o poche che siano) preziose come non mai in un periodo economico complesso come questo.
La prima idea, dunque, non è male. Sulla seconda, bene ma non benissimo mi verrebbe da dire. L’unione fa la forza almeno a livello di prima squadra. Per le giovanili un po’ di guelfi e ghibellini non ha mai fatto male. Ti stimola a fare meglio degli altri e pazienza se non arrivano titoli italiani. “L’obiettivo è fare giocatori, non vincere le partite”, mi hanno sempre ripetuto durante la mia piccolissima carriera da coach chi aveva vinto campionati e dato corso a idee ben chiare. La pallacanestro è cambiata, ma non è cambiato l’obiettivo di fare giocatori. Un momento. Sto uscendo dal seminato. La retta via resta l’unione perché immagino cosa potrebbero fare la solidità di un “Palazzetto” e le risorse che tutta Firenze unita può produrre. Sempre che non ci sia un ‘grande progetto’ che distoglie attenzione.
Sono le idee che contano, soprattutto se sono buone e condivise. Troppo tardi? No, io alle idee ho sempre dato un peso importante. Chiamatemi pure visionario. Dimenticavo: io faccio il tifo per la Firenze in serie A, perché saremmo tutti promossi. Un piacere particolare per me ritornarci…
per il “Ruggito”, di Giampaolo Marchini