Ci sarà anche la tappa Chiusi nel lungo giro d’Italia di Simone Berti. Siena, Cecina, Sant’Antimo, Brindisi, Cantù, Pistoia, Casale Monferrato, Ostuni, Veroli, Bienna, Napoli, Cassino, Bergamo. Ne ha viste davvero di tutti i colori l’uomo di Peretola. Nel 2017, a 32 anni aveva fatto il suo ritorno. L’approdo alla Fiorentina Basket per un biennio, poi il trasferimento al Pino Dragons, seguendo la scelta di Massimo Piacenti di collaborare con il marchio All Food. Ora un nuovo addio alla sua città, per certi versi inaspettato. E invece, fine dell’avventura con il Pino e Berti riaccende la macchina. Destinazione Chiusi per un progetto ambizioso, con l’obiettivo chiaro di conquistare la promozione in Serie A2.
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Berti, prima di tutto perché l’addio al Pino Dragons?
“Una scelta di vita. Ho una famiglia per cui provo un profondo senso di responsabilità. E anche per rispettare quella che è stata la mia carriera. Ho sempre cercato di giocare al livello più alto possibile”.
Quando è nata la possibilità di dire addio al Pino?
“Nel corso del mese di giugno, quando Chiusi ha fatto capire al mio agente di essere interessata al mio profilo. Il 30 giugno sono andato a parlare con il Pino e ho espresso la mia volontà di lasciare nonostante avessi ancora un anno di contratto”.
La risposta del Pino?
“Mi dissero che mi ritenevano centrale nel progetto e che non ritenevano fattibile l’operazione”.
Lei è comunque uscito dal contratto sfruttando una clausola.
“Non voglio entrare nel merito. Sicuramente volevo prendere in considerazione l’opportunità che mi era arrivata. Non si gioca a basket per sempre. Ambizione e voglia di dare sicurezza alla mia famiglia hanno pesato nella mia scelta”.
Senza citarla, il Pino le ha lanciato una frecciatina lo scorso 9 luglio. “Non per tutti Firenze e la maglia rappresentano valori”.
“L’attaccamento alla maglia si dimostra in tanti modi. Nessuno può rimproverarmi qualcosa per come mi sono comportato. Ho semplicemente scelto di tornare a fare il giocatore professionista, cosa che ho fatto per tutta la mia carriera. Voglio ancora mantenere questo status, superiore a quello del Pino dove mi sentivo in una comfort zone”.
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Come giudica l’esperienza, seppur per una sola stagione, al Pino?
“Positiva. Mi sono immerso in un ambiente dove non sono né nato né cresciuto. Senza giudicare, ho trovato modi diversi dai miei. Rispetto alla Fiorentina, ho provato sensazioni diverse nell’ultima stagione. Ma sono stato molto bene”.
Oltre a giocare a basket, ha anche iniziato ad allenare.
“E l’ho fatto anche durante i mesi di lockdown. Mi sono fatto in quattro per sostenere i ragazzi dell’Under 18. La passione per il basket è fondamentale. Ci siamo inventati riunioni video online, challenge e attività per mantenere tutti connessi con il basket. Il tutto fino alla ripresa degli allenamenti individuali”.
Che cosa si lascia alle spalle da questa ultima esperienza?
“Il rapporto speciale che ho costruito con due persone favolose come Carlo Laface e Davide Poltroneri. Con Carlo è scattato un feeling clamoroso. Lui è molto più di un preparatore atletico preparatissimo. Emana forza e positività e la trasmette a tutti. Con Poltro ci siamo trovati alla perfezione dentro e fuori dal campo. Ci siamo stati addosso in maniera incredibile. Lui, l’uomo della batcaverna come dico io, ha la faccia del burbero, ma ha grande sensibilità. Tecnicamente poi è un marziano. Chiudo con un saluto speciale”.
Prego.
“Il saluto speciale è per il Gruppo Pampero. Mi hanno accolto alla grande. Sono eccezionali. Rappresentano un valore aggiunto per tutto l’ambiente Pino. I ragazzi del Pampero sono un punto di forza”
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