Franco Sabatini è stata la prima persona che ho conosciuto all’inizio della mia breve carriera di giocatore di basket. Lo aveva detto Salerni al mio babbo (erano stati compagni di scuola): “Ale per i’ tu’ figliolo vai da Franco che ci pensa lui”. E lui ci aveva pensato piazzando nella leva dei ragazzini che iniziavano a metà anno agli ordini di coach Gasperoni. Io volevo fare basket perché lo faceva Magic che vestiva gialloviola. Erano i primi anni ’80 e il Ponterosso si apprestava a sbarcare in serie A proprio a fine campionato con la mitica vittoria di Sarno. L’anno dopo solo la sorte e la mancanza di un palazzetto di fatto spinse Firenze ancora in B. Ma io ero rimasto ormai fulminato dal pallone arancione, dal campino e dalla maglia rossa Farrow’s numero 11 che indossavo con orgoglio, conquista incredibile per uno che si era comunque avvicinato tardi.
L’11 come Meneghin e il numero me lo aveva suggerito proprio Franco che era un grande tifoso di Varese (celava con gelosia la sua fede in un covo di Scarpette Rosse) e quindi di Meneghin. “Oh Franco ma e un son mica Dino!!!”. Gli ripetevo anche perché ero lungo certo, ma tutti mi allontanavano dall’area dei tre secondi anche perché là sotto sguazzava come un pesce Nicola Bandini che infatti è stato un ottimo frequentatore delle minors. Franco con quei suoi austeri ma rassicuranti baffoni era il prototipo perfetto del dirigente burbero fuori, ma con un cuore di cioccolata. Sempre pronto a dare una mano ai suoi ragazzi come quella volta per l’All Star Game del 1985. Quello per tenere a battesimo il nuovo Palasport di Firenze. Ero stato malato e la lista dei 10 asciuga parquet era stata già completata. E il Corti, altra figura epica Sandro per il campino, non ebbe dubbi. “Vai da Franco che in qualche modo ti sistema”. E infatti come per magia i ragazzini diventarono 11 come il numero di Dino. Non c’era Meneghin a giocare ma solo gli stranieri e proprio lì conobbi quello che sarebbe diventato un amico e poi un idolo per tutta Firenze: John Ebeling. L’americano, uno degli amici migliori proprio di Sabatini. Segni del destino e infatti con John abbiamo pianto come due bambini. Sono sicuro che Franco a saperlo ci avrebbe preso in giro. E lo sta facendo insieme al Dottore (Varrasi) e al Coia (Salerni) mentre stanno pensando a come organizzare una società di basket vincente anche tra le nuvole. Fai buon viaggio Franco e mettimi da parte la 11… come al solito.
Giampaolo Marchini @Gimar69Marchini
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