Per diverse squadre è già tempo di ri-programmare la prossima stagione, solo per poche fortunate è rimasta in gioco la promozione o il titolo di categoria. Ma nel frattempo c’è un fiorentino che in questi giorni sta camminando a tre metri da terra (oltre che riposandosi abbondantemente, come tradisce anche il suo profilo Instagram). Si tratta di Simone Marchini, che da pochi giorni ha centrato una storica promozione in serie B con la Libertas Liburnia Livorno.
Incominciamo dalle emozioni. Come stai vivendo questa cavalcata che è finita nel migliore dei modi?
“Chiaramente in questi giorni mi sono leggermente staccato da quello che è successo, le sensazioni si attenuano un attimo però è anche più bello perché ti rendi conto che hai vinto il campionato che è una roba bellissima. Siamo stati bravissimi a crederci, a recuperare il gap iniziale (2-5, ndr). Poi quando siamo entrati nei playoff siamo stati concentrati e non abbiamo mai perso (7-0 complessivo)”.
Ti saresti aspettato un cammino del genere?
“È una domanda difficile. Io vivo e abito a Firenze, per cui scegliendo Livorno ho fatto una scelta di vita. Di conseguenza avevo l’ambizione e la speranza di poter arrivare fino in fondo. È facile dirlo a posteriori ma la squadra era davvero buona per la categoria, conoscevo il valore di tanti miei compagni. Oltretutto è anche bello ripensare al passato, perché quando sono arrivato abbiamo perso subito con Pielle, per l’appunto, con l’allenatore che era appena cambiato. In quell’istante se ti dicessi che ero sicuro di vincere il campionato ti direi una cavolata. Poi siamo risaliti e quando abbiamo battuto Lucca nei playoff ci ho cominciato a credere veramente. Era data da molti come la favorita e noi abbiamo giocato un basket splendido vincendo 2-0”.
Rispetto alle altre squadre cosa avete avuto in più?
“Durante la regular season abbiamo avuto vari cambiamenti in roster e in panchina che non ci hanno permesso subito di essere un gruppo, oltre al fatto che eravamo esperti ma anche corti e senza un centro vero e proprio. Tutto questo all’inizio lo abbiamo pagato, rispetto, ad esempio, ad Agliana e Pielle che avevano un nucleo solido. Quando però siamo arrivati ad essere un gruppo la difesa, la nostra vera arma, è salita di livello e ci ha dato lo sprint in più. Nella serie contro Pielle gli avversari non hanno mai superato i 60 punti (58 il massimo in gara 3, ndr) quando in campionato avevano tenuto 78 punti di media”.
Durante il giorno otto ore a lavoro e la sera agli allenamenti. È stato sostenibile fare una C Gold così impegnativa?
“Allora, ti dico che quando succede quello che è successo fondamentalmente va bene tutto (ride, ndr). Però è anche vero che qualsiasi persona che mi conosce mi ha subito detto che ero impazzito. Io sinceramente l’ho fatto perché amo la pallacanestro più di qualsiasi cosa al mondo. Ero rimasto senza squadra e volevo giocare a tutti i costi ad un livello a cui ero abituato e sapevo di poterci competere. Per cui per sette mesi mi svegliavo alle 7:00 di mattina, uscivo di casa alle 8:00, entravo a lavoro alle 9:00, alle 17:30 finivo e alle 17:44 dovevo essere sul treno che mi portava a Livorno per tornare a casa intorno alle 23:40.
Guardando tutto questo il tiro di gara 2 mi è sembrato pure meritato per l’impegno che ho messo in questo anno. Sì ci è voluta fortuna e mille altri fattori, ma è stato frutto anche dei tanti sacrifici che ho fatto e per me è stata la consacrazione, perché nello sport spesso ti ricordi di chi vince. Ci tengo per questo a dare un consiglio non richiesto dopo 10 anni che faccio questa categoria: mi dispiace moltissimo vedere ragazzi di 17 anni che non vogliono fare due allenamenti di fila perché gli sta fatica. Se amano quello che fanno riuscirebbero a raccogliere ogni stila di sudore versato, anche vedendo quello che riesco ancora a fare a 27 essendo felice e contento”.
Come hanno vissuto le persone che conoscevi i 90 secondi più belli della tua vita (vedi video qua sotto)?
“Per prima mi hanno preso in giro (ride, ndr). Mi dicevano, giustamente, di non essere né un tiratore né un realizzatore, ma ho prontamente risposto che io tiro quando serve. È stata poi bellissima la partecipazione dei miei amici e conoscenti nel mondo della pallacanestro perché mi hanno scritto tutti, avevo il telefono invaso di notifiche. A Livorno poi è una cosa incredibile perché è una partita molto sentita, che sia in serie A o in serie D, e trovavo gente per strada che mi fermava e mi ringraziava anche giorni dopo la partita. In quel momento lì che avesse segnato Marchini o Fantozzi, idolo di sempre, era uguale. Anche per questo quel tiro lì me lo ricorderò per tutta la vita”.
Circa 8-9000 persone sono passate dal Pala Macchia per queste finali, a Firenze secondo te sarebbe mai possibile vedere in futuro una cosa del genere?
“Sicuramente adesso in serie C non è possibile. A Livorno, anche se ci sono tantissime società, Pielle e Libertas dominano a livello senior perché Don Bosco è arrivata solo successivamente. Sebbene durante l’anno non avessimo avuto tutto quel seguito nelle finali c’è stato un calore pazzesco. Poi è chiaro, i derby fanno tanto e la competizione fa benissimo al movimento, quindi avere due squadre nella stessa categoria è una cosa molto positiva. In questo basta guardare a quello di quest’anno tra Enic e All Foods. I labronici hanno una passione che a Firenze ora come ora non c’è, perché ad esempio io che, anagraficamente parlando, non ho vissuto la serie A non ho ricordi di quei tempi, mentre a Livorno sembra tutto rimasto intatto. Chiaramente se Firenze arrivasse in categorie che le competono sono più che convinto che 4-5000 persone al palazzo ci andrebbero sicuramente, però per costruire qualcosa di grande non servono uno o due anni ma un lavoro a lungo termine. La pallacanestro a Firenze piace, basta vedere l’All Star Game al secondo anno di fila”.
Hai già fatto un pensiero per il futuro?
“Non ho parlato con la società e non mi sono fatto neanche grandi idee, devo decidere e sarà una scelta difficile come quella che ho fatto a novembre. Ma adesso devo staccare, vado in vacanza, 10 giorni e poi ne ragionerò”.