Quest’anno le partite che ha arbitrato sono state 24, compreso un match dei playoff (Venezia – Cremona ai quarti di finale). Lo scorso anno furono 27. Dal 2014 è arbitro internazionale grazie ad un clinic superato a Mannheim. Stiamo parlando di Lorenzo Baldini, figlio d’arte di Luciano, nato a Firenze e arbitro dal 2001. Abbiamo avuto la possibilità di intervistarlo per approfondire il suo difficile ruolo sul parquet.
Sei figlio d’arte, però raccontaci come ti sei avvicinato al basket?
“Quando ero molto più giovane giocavo. Sono partito come cestista, giocando fino all’età di 19 anni. Quando mi sono reso conto che come giocatore non avrei avuto un grosso sbocco (ride, ndr), ho provato a fare l’arbitro.”
Dunque com’è nata la tua passione per l’arbitraggio? Colpa o merito del babbo?
“Chiaramente a questa pratica sono stato introdotto da mio padre e detto francamente, spinto anche dalla voglia di guadagnare qualcosa. Questo lo dico sempre anche ai ragazzi più giovani che iniziano a percorrere la mia strada: se vi approcciate in questo modo non c’è niente di sbagliato. Del resto fare l’arbitro è una cosa particolare, che sicuramente all’inizio non piace e poi magari col passare del tempo può anche appassionare. Ma è un’attività che finché non provi non ti rendi conto di quello che può essere. Io ho iniziato a 19 anni e pian piano mi è piaciuta, ho passato le varie categorie e sono arrivato dove sono adesso.”
Quando hai capito che questa passione avrebbe potuto portare una maggiore remunerazione e divenire praticamente un lavoro?
“Quando parti non ti poni tanti obiettivi. I passaggi in serie C e poi in B già ti fanno capire quanto siano importanti queste categorie ma anche come sia diverso il livello rispetto alla Serie A. Poi però ti accorgi che ti piace e ti vien voglia di far di più e salire di categoria. Questa non è la mia unica professione, ho anche un altro lavoro, però l’arbitro mi impegna come se fosse una professione unica.”
Qual è stata la prima partita in assoluto che hai arbitrato?
“La prima partita è stata un torneo all’Affrico nel gennaio del 2001, un Torneo della Befana.”
Sei stato promosso dalla Legadue nel 2012, e dal 2014 sei arbitro internazionale. Hai un aneddoto da raccontarci sui tuoi trascorsi?
“L’anno scorso alla prima partita di stagione a Cantù, subito dopo la palla a due io ero sotto canestro e un tizio si sporge dalle tribune urlandomi: «Baldini era meglio tuo padre!». La partita era appena iniziata…”
Hai anche arbitrato in Eurolega in Turchia femminile, com’è la tua routine pre-partita quando arbitri in palazzetti più caldi?
“La routine è sempre la stessa. Con la terna quando arriviamo al campo, facciamo un briefing per parlare tra noi su quello che ci aspettiamo dalla partita, su che tipo di lavoro dobbiamo impostare, sui giocatori che ci sono in campo, sugli allenatori con cui ci dobbiamo rapportare. Dopo di questo faccio una parte di riscaldamento, 10-15 minuti, per poi ascoltare della musica. Poi entriamo in campo cercando di fare il meglio.”
Tanti arbitri storici che annunciano il ritiro, quali arbitri smetteranno a breve?
“Quest’anno smettono Lamonica e Taurino. Ma anche nei prossimi anni il ricambio generazionale continuerà.”
Clinic arbitri, vedi altri giovani fiorentini che possono intraprendere la strada dell’arbitro?
“A livello giovanile è molto difficile dire se questo o quello riusciranno. Sopratutto perché sono giovanissimi e non possiamo mai sapere, anche solo per gli impegni e cambiamenti quotidiani tipici dell’età. Aldilà di questo è non è facile etichettare un ragazzo come promettente perché l’arbitraggio richiede un certo bagaglio di esperienze che ancora non hanno. Penso che gli arbitri debbano crescere piano piano, categoria per categoria.”
Qual è il tuo approccio mentale quando sei in campo per non “sentire” gli insulti? Cosa consigli ai giovani?
“Ormai a questo livello non ci fai più caso, li senti ma non ti danno nemmeno fastidio perché fanno parte del gioco. Ai ragazzi più giovani mi sento di dire che gli insulti e tutto il resto sono sbagliatissimi, ma se uno ha passione e voglia deve tapparsi le orecchie e fare finta di nulla.”